Il mio percorso dentro SanPa: così ho capito il valore del cambiamento

19 Apr 2021

Intervista ad Enrico Arzilli

“La gente pensa che quando si è giovani sia facile cambiare, ma in realtà ogni cambiamento richiede sempre grande sofferenza. È questa una cosa importante che ho imparato a San Patrignano”. Enrico Arzilli, membro dei Giovani Democratico Cristiani di San Marino, racconta in questo modo la sua esperienza all’interno della comunità di recupero di Coriano. Una storia, la sua, fatta di errori e cadute ma anche di tanto coraggio e speranza.”

Enrico, anzitutto grazie per aver deciso di condividere con noi la tua storia. Come è iniziato il tuo rapporto con le droghe?

“È iniziato tutto durante le scuole superiori. Allora ero un ragazzo molto timido e introverso, che faticava a trovare il suo spazio e a socializzare. La droga, in un certo senso, rappresentava per me una facile scappatoia di fronte a queste difficoltà. Ero alla ricerca continua di distrazioni che mi impedivano di fatto di lavorare su me stesso e capire quali erano i miei punti deboli. Per fortuna, nel mio caso, si è trattato solo di un primo approccio con certe sostanze, e per questo è stato più facile intervenire per correggere la rotta”.

Come sei arrivato alla decisione di entrare a San Patrignano?

“È stata una decisione maturata insieme ai miei genitori. Certo, all’inizio non volevo accettare l’idea di entrare in una comunità di recupero. Pensavo di non averne bisogno e allo stesso tempo ero anche un po’ spaventato al pensiero di dover trascorrere là parecchio tempo e dovermi separare dalla mia famiglia”.

Per quanto tempo sei rimasto a San Patrignano?

“Sono entrato all’età di 19 anni e sono rimasto per circa due anni e mezzo, dal 2016 fino al luglio del 2018”.

Com’è stata la prima settimana in comunità?

“L’impatto è stato molto particolare, mi sembrava quasi di essere in una specie di vacanza. Io ero abituato a un certo stile di vita: a San Patrignano, nel mio primo periodo di permanenza, sono stato assegnato al settore del canile, insieme a ragazzi miei coetanei. Mi svegliavo la mattina all’alba e dopo aver fatto colazione nel salone, mi cambiavo nello spogliatoio, andavo a pulire i box degli animali. È stata un’esperienza faticosa, ma che mi ha insegnato il valore dell’umiltà e della dedizione. In seguito ho cambiato settori e mi sono trasferito alle coltivazioni. Lì ho avuto modo di conoscere persone più grandi di me: ragazzi di 35, 40 anni, alcuni dei quali padri di famiglia, che sono stati per me dei veri e propri punti di riferimento. Con alcuni è nata una bellissima amicizia e ancora oggi continuiamo a vederci”.

Qual è stato l’insegnamento più importante che hai ricavato durante la tua permanenza?

“A San Patrignano non è importante il tuo passato, da dove vieni e cosa hai fatto. Personalmente ho avuto modo di lavorare tantissimo sul mio carattere, di capire quali erano gli aspetti da modificare e migliorare e di comprendere le cause che mi avevano portato in passato a condurre una vita più sregolata. È stato un grande sforzo interiore, che ha richiesto naturalmente sacrificio”.

Una volta uscito dalla comunità, com’è stato affrontare il mondo di fuori?

“Il mio percorso a San Patrignano in realtà si è concluso prima del tempo: ero convinto di avere bisogno di un approccio esterno, avevo imparato ciò che mi serviva e così sono uscito. Lì, per me, è iniziata una strada in salita. Mi sono trovato una casa e un lavoro, ho frequentato l’ultimo anno di liceo che mi mancava, sostenendo da solo tutte le spese. Mi sono fatto carico di alcune responsabilità e da lì sono ripartito. Ora studio economia all’Università di Urbino, a settembre andrò in Erasmus in Germania e a gennaio 2020 mi sono diplomato anche presso l’HRD, la più grande autorità in materia di Diamanti, in Belgio. SanPa mi ha permesso di riprendere la mia vita in mano, aiutandomi a riconoscere i miei punti deboli, facendoli diventare punti di forza.”

Pensi che a San Marino si stia facendo abbastanza per mettere in guardia le nuove generazioni dai rischi legati alla tossicodipendenza?

“Credo che a San Marino sia stato commesso un grosso errore, ovvero quello di considerare le droghe una specie di tabù: piuttosto che affrontare la questione di petto, si è preferito rimuoverla del tutto o comunque minimizzarla. Ritengo che questo non sia l’approccio corretto: credo che la migliore prevenzione passi dall’avere una cultura dei rischi e delle conseguenze e quindi da una campagna di informazione attenta ed approfondita all’interno delle scuole e non solo”.