“Al giorno d’oggi – è la riflessione da cui partono i GDC – guardandoci attorno, ci sembra di non vedere una
classe politica in grado di mettere in campo una visione forte e d’insieme del nostro Paese. Un discorso
che vale tanto per le forze di maggioranza quanto per quelle di opposizione. Una visione capace di
andare oltre le necessità quotidiane, la contingenza e la programmazione a breve termine, per
traghettare San Marino verso il futuro che lo aspetta, fatto di sfide epocali e cambiamenti non più
rinviabili. Un futuro da costruire, tassello dopo tassello, con l’oculatezza e la saggezza che furono già
dei nostri nonni, chiamati a mettere mano ad una nazione devastata dalla guerra. Per farlo, tuttavia,
per costruire quel futuro, è necessario che l’attuale classe politica e dirigente rinnovi il proprio modo
di agire e pensare, nell’ottica di una maggiore concretezza, avendo perfettamente in mente il
conseguimento del bene comune, e non più dei piccoli interessi di parte. Una classe politica, dunque,
che non si limiti più a compiere un esercizio di gestione del potere, ma getti le basi per un
progetto di lunghissimo termine. Proprio l’assenza di queste peculiarità, concretezza e
focalizzazione sul bene del Paese, hanno portato a nostro avviso nel tempo al decadimento delle
nostre istituzioni e quindi ad un inevitabilmente allontanamento delle persone dalla politica,
spegnendo la voglia di partecipazione ma anche mettendo un freno a quel ricambio generazionale che
è fondamentale per la crescita di una Repubblica come San Marino. Abbiamo l’occasione di
dimostrare che i tempi sono cambiati, che la classe politica è pronta a cambiare. L’occasione ci viene
data dall’Accordo di Associazione con l’Unione Europea. Nella Commissione Affari Esteri (AFET)
del Parlamento Europeo abbiamo compreso come sia di vitale importanza che l’accordo venga chiuso
entro il 2023. Noi giovani rivolgiamo un appello a chi siede in Consiglio Grande e Generale e al
Governo. E’ questo l’obiettivo a cui dobbiamo lavorare, con il massimo coinvolgimento di tutti,
incluse le forze politiche di opposizione, che meritano di avere un ruolo in questo delicato processo.
Non lasciamo cadere nel vuoto gli appelli di ANIS e delle altre associazioni di categoria che, unite
alle organizzazioni sindacali, ci hanno ricordato più volte cosa un Accordo di Associazione
significherebbe per l’economia del nostro Paese, con un adeguamento sotto il profilo normativo che
ci consentirebbe di cogliere opportunità importanti ma anche di attirare investimenti, aziende,
competenze, e di aprirci ad un mercato immenso. L’Europa è un treno che non possiamo
permetterci di perdere. Pensiamo alle mille occasioni che in questi anni ci siamo preclusi a causa
del nostro status ibrido. Pensiamo, ad esempio, alle incredibili risorse legate in Italia al PNRR, oppure
alla possibilità di accedere a finanziamenti a fondo perduto per la realizzazione delle grandi opere.
Accanto a questo c’è poi un altro tema, quello delle riforme. A lungo i politici hanno continuato a
decantarle, ma adesso è venuto il momento di rimboccarsi le maniche, e di iniziare a definirle, in
un’ottica però di una vera integrazione con l’Europa. Accordo di Associazione e riforme sono le due
sfide che richiedono ora, da parte nostra, un cambio di passo, uno scatto propulsivo: se non saremo
in grado di trovare la giusta unità, allora il Paese è destinato a rimanere fermo al palo chissà per
quanto tempo ancora.
Ufficio Stampa G