“Nell’ambito del nostro mandato, la BCE è pronta a fare tutto il necessario per preservare l’Euro. E credetemi, sarà abbastanza”. Queste sono le parole con cui l’ex presidente della banca centrale europea e odierno presidente del consiglio dei ministri italiano Mario Draghi rassicurava i mercati a causa della fortissima instabilità creata durante la crisi dei debiti sovrani nel 2012, durante un forum di investitori a Londra.
Dopo la grande crisi globale del 2008-2009, cominciata negli Stati Uniti, alcune economie europee, principalmente quelle dei paesi periferici dell’eurozona, entrarono in recessione e iniziarono a mostrare grosse difficoltà, facendo temere di non essere in grado di ripagare i propri debiti pubblici. La prima fu la Grecia, nel 2010, e nell’anno successivo anche altri paesi come Italia, Spagna, Irlanda e Portogallo cominciarono a vedere rialzi nei loro spread un indicatore economico della differenza tra il rendimento dei titoli di stato decennali italiani, i BTP, e quelli tedeschi, i BUND; se lo spread è troppo alto il mercato potrebbe valutare quello Stato insolvente causando il default dell’intero sistema.
La frase non servì solamente come monito ma fu un intelligente strumento di “forward guidance”, uno strumento a disposizione dei policy maker per indirizzare gli operatori economici in momenti detti non convenzionali, proprio come la crisi che imperversava nel 2012. Con una singola frase, Draghi riuscì a bloccare un processo di speculazione contro i debiti sovrani. Se a tali azioni non fosse seguita un’azione molto forte da parte dei gestori della politica monetaria, molto probabilmente, sarebbe avvenuto un default a catena tra i paesi più deboli dell’area euro, ovvero quelli che utilizzavano molto il debito come mezzo di leva tra i quali: Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna (identificati con l’acronimo “PIIGS”); portando quasi inevitabilmente alla dissoluzione dell’unione monetaria. Christine Lagarde, succeduta a Draghi alla guida della BCE, definì quella frase come la più potente nella storia delle banche centrali.
Nei mesi successivi Draghi mantenne la promessa fatta ai mercati immettendo nel sistema enormi quantità di liquidi mediante il Quantitative Easing (un altro strumento non convenzionale a disposizione della BCE), presentando anche un piano di risanamento dell’economia europea e ponendo fine alla crisi dei debiti sovrani. Per questo motivo Mario Draghi, oggi, viene definito come salvatore dell’area euro.
Davide Tabarrini