Chi si occupa di politica, negli ultimi giorni ha guardato con grande interesse e fortissima curiosità alle vicende della vicina Italia. La notizia del momento è senza dubbio la decisione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella di affidare all’ex presidente della Bce, Mario Draghi, l’incarico di formare un nuovo Governo.
Anche a San Marino la convocazione di Draghi al Quirinale ha destato non poche reazioni. Siamo convinti che l’ex presidente della Bce sia senza dubbio una delle persone più adatte – per competenza, professionalità, esperienza, capacità di visione e lungimiranza – a traghettare l’Italia fuori dalla crisi e ad affrontare le delicate sfide, economiche e non solo, che si stanno prospettando. La nomina di Draghi, per quanto da noi apprezzata, certifica tuttavia quello che è un dato sul quale vale la pena riflettere: il fallimento della politica e dei politici.
Di fronte all’immobilismo e all’imperizia di questi ultimi, la vicina Italia si è vista costretta ad assumere una decisione non certo facile, delegando l’onere di un partita estremamente delicata – come la gestione del Recovery Fund, dal quale dipende il futuro del Paese – a dei tecnici. Ciò rappresenta senza dubbio una sconfitta per tutti gli elettori e per chi ancora crede in una politica capace di assumere decisioni coraggiose e responsabili, determinando nel bene e nel male le sorti di una nazione. Quando il politico non ha più gli strumenti per operare in autonomia e ogni sua scelta è subordinata al volere dei tecnici, allora il politico ha fallito.
Una considerazione che ci porta a interrogarci, ancora una volta, su quali debbano essere le caratteristiche di una decisione politica e quale sia il suo rapporto con la tecnica, che oggi regola moltissimi aspetti della nostra vita, dalla sanità alla finanza. La domanda che dobbiamo porci è: è giusto che un politico abdichi al proprio al ruolo (ruolo che peraltro trae la sua legittimazione dall’esito delle consultazioni elettorali) in favore di organismi di natura prettamente tecnica? Così non avremmo più una democrazia, ma un governo di tecnocrati.
D’altra parte occorre anche dire che la situazione italiana presenta, a nostro modo di vedere, delle similitudini con quella sammarinese. La presenza di una maggioranza di Governo solida nei numeri non deve infatti ingannare o spingere i politici a perdere di vista il contatto con il ‘Paese reale’, le sue problematiche, e le sue esigenze. Esigenze che, oggi più che mai, richiedono concretezza, pragmatismo, risultati e azioni tangibili, misurabili e comprensibili da parte della cittadinanza.
Purtroppo occorre prendere atto di come nell’ultimo anno, anche al netto delle tante criticità legate alla pandemia, i progetti di legge discussi e approvati dall’Aula parlamentare siano stati davvero sporadici, togliendo a nostro modo di vedere un po’ di incisività all’azione del Consiglio Grande e Generale e offrendo facili sponde per le strumentalizzazione dei partiti di opposizione
Tra i pochi progetti di legge presentati, vale senza dubbio la pena ricordare quello che ha portato all’introduzione del reato di revenge porn, offrendo una risposta chiara e immediata a un problema effettivo riscontrato anche nel nostro Paese. Allo stesso modo non comprendiamo, invece, il perché di certi atteggiamenti che potremmo definire ‘attendisti’ o di operazioni che mirano, magari attraverso incarichi e consulenze, ad individuare le priorità del Paese, quando quelle priorità sono ben note da tempo alle Segreterie di Stato, e in buona parte contenute nel programma di Governo.
La nostra non vuole essere una critica fine a se stessa, ma vorremmo che fosse uno stimolo, una sorta di pungolo costruttivo affinché la necessità di agire con ponderatezza, cognizione di causa e condivisione, non porti a lungo andare ad un eccesso di immobilismo, che finirebbe per allargare lo scollamento tra cittadini e politici, generando un vuoto di fiducia.
Abbiamo più volte insistito sull’importanza di una corretta cultura politica, improntata sull’ascolto, sul soppesare opinioni e proposte, ma anche sul ‘fare’, sull’assunzione di responsabilità; ed è questo il punto che torniamo a ribadire con forza alla luce delle sfide epocali che ci aspettano.